giovedì 25 agosto 2016

Luigi SARTOR

Nasce a Treviso, il 30 gennaio 1975. Cresciuto nelle giovanili del Padova, passa alla primavera della Juventus, con cui debutta in Serie A il 6 dicembre 1992 contro la Fiorentina. È una partita sfortunata per Gigi che realizza un’autorete. Disputa inoltre il 30 settembre 1992, una partita di Coppa Uefa, contro l’Anorthtosis (vittoria per 4-0), che lo fa diventare il più giovane esordiente della Juventus nelle Coppe europee. Nell’estate successiva è ceduto alla Reggiana.

Negli ultimi venticinque campionati – scrive Maurizio Tarnavasio su “Hurrà Juventus” del novembre 1992 – soltanto un certo Renato Buso (che, seppur non ancora ventitreenne, ha già alle spalle ben sette stagioni nella massima serie) è entrato a far parte della rosa bianconera di prima squadra in età così verde.
Questo piccolo record, insieme a un buon bagaglio tecnico temperamentale e a potenzialità indubbiamente non indifferenti, fa presagire per il poco più che diciassettenne Luigi Sartor, il più giovane esordiente in Coppa Uefa, una carriera professionistica davvero promettente. Dopo un paio di apparizioni in panchina nel finale dello scorso campionato, le seppur fugaci comparsate del giovane terzino-stopper nel corso del vittorioso quadrangolare Pier Cesare Baretti di agosto hanno palesato quelle che sono le sue caratteristiche migliori, ossia la velocità, la grinta, il colpo di testa e una buona tecnica di base. Il tutto condito da una notevole prestanza atletica.
Di carattere piuttosto taciturno, Gigi è tendenzialmente un solitario, ma quando vuole sa aprirsi manifestando una vivace intelligenza; le due annate trascorse nel settore giovanile juventino si sono rivelate importantissime, non soltanto in un’ottica meramente calcistica. Come definiresti il tuo modo di essere? «Mi ritengo un ragazzo abbastanza tranquillo e non troppo compagnone, per questo talvolta apprezzo la solitudine. Forse sono un po’ permaloso, ma anche incapace di serbare rancore».
Che effetto ti ha fatto, a quindici anni, sapere di essere stato valutato una piccola fortuna? «Allora fui colpito dall’eccessivo rilievo dato dai giornali al mio trasferimento, anche perché gli articoli spesso deformavano nettamente la realtà dei fatti. Grazie al cielo, però, sono riuscito a non farmi coinvolgere troppo da quei discorsi: e se così non fosse stato, a quest’ora mi troverei a convivere con un pesante macigno sulla testa».
Quali sono i tuoi obiettivi a medio e a lungo termine? «Credo di aver capito che il mondo del calcio, condizionato com’è da incognite pericolose quali gli infortuni, non si presti a essere programmato con sufficiente lungimiranza. Per questo cerco di vivere sempre alla giornata».
All’inizio della stagione sei stato aggregato alla prima squadra: quali sono state le tue sensazioni? E come fai adesso a conciliare il calcio con la scuola? «L’inserimento con i big, anche se limitato per ora alla foto ufficiale e agli allenamenti, costituisce per me uno stimolo enorme, anche se sono ben conscio che il mio compito principale sarà quello di dare il massimo con la squadra Primavera. E, in effetti, l’unico inconveniente in tutto questo riguarda proprio la scuola: allenandomi al mattino, sarò costretto a iscrivermi ai corsi serali, per portare a termine gli studi di Ragioneria».
Quali ritieni siano i tuoi margini di miglioramento tecnico e caratteriale? «Per quello che concerne il mio modo di essere, da un po’ di tempo a questa parte mi sento più tranquillo: qui a Torino so di poter contare sulle persone che mi stanno vicino. In un’ottica prettamente tecnica, invece, ho vissuto la passata stagione come un importante rodaggio, che mi ha consentito di accumulare un po’ di esperienza e che mi ha fatto capire di avere ancora ampi margini di miglioramento».
Come giudichi la tua condizione di diciassettenne che si accinge a fare il suo ingresso nel calcio professionistico? «Quello del football è un mondo sicuramente invidiabile per chi lo vede dal di fuori, mentre risulta piuttosto aleatorio per chi lo vive in prima persona prima dei diciotto anni: i sacrifici vengono fatti senza avere alcuna certezza per il futuro. E la scuola è in ogni caso difficilmente conciliabile con i tanti impegni».
Ci risulta che tu non sia l’unico sportivo di casa Sartor. «In effetti, ho una sorella gemella che quest’anno gioca a pallavolo in A2 con il Magliano (Treviso) e che mi prende in giro spesso e volentieri dicendomi che è riuscita ad arrivare in Serie A prima di me. L’altra sorella, invece, è decisamente più posata, e frequenta il secondo anno alla Bocconi di Milano».
C’è un giocatore a cui ti ispiri? «Come tutti i miei coetanei, ho sempre avuto diversi idoli tra i calciatori ma non mi ispiro a nessuno in particolare, per due motivi: il primo è che non intravedo in me delle caratteristiche peculiari e ben definite, assimilabili a quelle di certi grandi. Poi perché spero, se riuscirò a raggiungere il palcoscenico della massima divisione, di riuscire a far vedere qualcosa di autenticamente mio».

1 commento:

Rob72 ha detto...

Beh il mondo che frequentava questo signore deve essere apparso al preveggente boniperti quando lo ha scaricato..non c e' spazio nella storia delle juve per chi si infila nel mondo delle scommesse..diciamo che e'un ex interista allora..